Gemma Del Carretto (trascrizione da intervista)
Enrico Del Vasto fu il capostipite della famiglia Del Carretto, visse nel XII secolo e partecipò alla seconda crociata (1147-1148). Nel 1162 Federico Barbarossa infeudò Enrico il Valoroso, soprannome che questi aveva acquisito durante la crociata, di vasti territori a cavallo tra il Savonese e la Valle Bormida fino alle Langhe, dando così origine alla stirpe dei marchesi Del Carretto. Fu cancelliere e consigliere dell'imperatore e, come suo plenipotenziario, negoziò con la Lega Lombarda la Pace di Costanza.
Enrico del Vasto, capostipite della famiglia Del Carretto, combatte in Terra Santa, dove, non certo per suo volere, si trova coinvolto in una battaglia. E' infatti in quelle terre per amministrare meglio gli affari commerciali liguri. Combatte, senza riconoscerlo, con il suo migliore amico, il principe Tosbeo, che lo aveva salvato dai briganti in Terra Santa, e lo uccide. In punto di morte il principe si toglie l'elmo e gli chiede aiuto: Enrico imprime le cinque dita sporche di sangue sulla giubba e quando torna nelle sue terre vuole ricordare quel brutto fatto: oro con cinque bande rosse, questo diventa il suo stemma.
Però è tanto il rimorso per aver fatto ciò che non avrebbe voluto, per quell'amico che lo aveva salvato tante volte dalla morte. Arriva in queste sue terre e si chiede: "Come faccio?". Si avvia per una strada e incontra il fiume Bormida, sente una campana suonare: era proprio quella dell'abbazia di San Quintino, i cui rintocchi si udivano quando i monaci, verso le sette di sera, andavano a pregare. Si inginocchia, prende la spada e la butta nel fiume: "Non combatterò mai più, non voglio più sapere che cosa vogliano dire la lite o la morte, fin quando vivrò deve regnare la pace". Ma alzando gli occhi al cielo, ormai buio, vede la Stella Polare che indica la retta via ai marinai e ai viandanti e le si rivolge: "Che cosa posso fare? Tu che indichi la retta via a tutti, indicala anche a me". In quel momento vede il Piccolo Carro: "Ecco! Lo stemma sarà d'oro con cinque bande rosse, sarà il Piccolo Carro del Carretto".
Scheda tecnica Tirreno Power
La diga di Osiglietta, costruita tra il 1937 e il 1939, si trova nel comune di Osiglia nella valle del torrente Osiglietta, affluente della Bormida. È classificata come diga muraria a cupola in quanto è realizzata a doppio arco, sia in senso verticale, che in orizzontale da sponda a sponda.
L'opera è stata costruita in calcestruzzo armato con due ordini di tondini verticali e orizzontali posti a 20 cm dai paramenti. Il paramento di monte è in calcestruzzo ricoperto da uno strato di gunite dello spessore di 3 cm, mentre quello a valle è in calcestruzzo a vista.
La diga è provvista di 16 giunti radiali e di un giunto perimetrale: la tenuta è costituita da una trave coprigiunto sovrapposta a un feltro bitumato e ad un lamierino di rame verso monte e ad un lamierino di ferro verso valle; all'interno sono state effettuate iniezioni di intasamento dopo il ritiro del calcestruzzo.
La fondazione è a pulvino collegato al corpo diga mediante un giunto perimetrale.
La diga è provvista di scarico di superficie, di scarico di fondo e di scarico di esaurimento.
Altezza della diga: 70,70 m
Superficie bacino imbrifero: 20,50 km2
Volume di invaso: 13.040.000 m3
Quota di max invaso: 638,60 slm
Quota di max regolazione: 637,00 m slm
Sviluppo del coronamento: 224 m
Massima capacità di scarico: 675 m3/s
Massima portata derivabile: 10 m3/s
Centrali alimentate: Cairo e Spigno in asta; Millesimo
Da Graig A. Spolek, La meccanica del lancio: La Lenza
Dipartimento di Ingegneria Meccanica, Portland State University, 1985.
Traduzione Barbara Panizzolo.
In molte attività ricreative si richiede al partecipante di lanciare un oggetto o per distanza, per precisione, o entrambe; esempi di questi oggetti sono il baseball, il giavellotto, la pallottola del fucile, la palla da golf, il saltatore con gli sci, il disco e la freccia. Da quando l'oggetto è lanciato con velocità e direzione iniziali, le uniche forze maggiori che riguardano il suo percorso di movimento sono la forza del corpo dovuta alla gravità e la frizione dell'aria o attrito viscoso. Il molti casi, il fattore che limita la prestazione è l'attrito dell'aria. La sua minimizzazione è l'obiettivo della tecnica fisica e del design dell'attrezzatura. Come esempi, il saltatore con gli sci si sforza per mantenere l'orientazione aerodinamica degli sci e del corpo, ed una pallina da golf è dotata di fossette per causare lo strato limite dell'aria per viaggiare da laminare a turbolento per ridurre il coefficiente di resistenza. In tutti i casi, comunque, l'attrito dell'aria diminuisce la componente orizzontale della velocità dell'oggetto attraverso il suo volo.
Il lancio nella pesca con esche artificiali è abbastanza simile al lancio di oggetti appena descritto eccetto una forza addizionale che agisce sull'esca artificiale. L'esca è legata al lanciatore attraverso la lenza, apparentemente per consentire al pescatore di avvolgere il pesce ma più realisticamente per consentire il recupero dell'esca vuota.
Quando l'esca è lanciata con l'aiuto della canna da pesca, il moto dell'esca è frenato dall'attrito dell'aria ed è anche ritardato dalla forza necessaria a far allentare la lenza. Dunque, la sua velocità orizzontale diminuisce con un tasso più alto di quello che si avrebbe nel volo libero. È facile visualizzare che così come l'esca diventa progressivamente più leggera con un grande coefficiente di attrito, sarà virtualmente impossibile lanciarla come un proiettile per una distanza utile. Questo è precisamente il problema che affronta il pescatore che utilizza mosche artificiali come esche.
Le mosche per la pesca sono disegnate per imitare gli insetti che galleggiano. Essi sono molto leggeri con un volume relativamente grande di piume e pellicce così la tensione superficiale che si esercita sulla vasta area della superficie può far galleggiare la mosca. A causa della grande superficie, il moto della mosca durante un lancio è facilmente dominato dall'attrito dell'aria. Per esempio, per lanciare una tipica mosca orizzontalmente a 20m da un'altezza di 1.5 m, senza nemmeno alcuna lenza attaccata ad essa, sarebbe richiesta una velocità iniziale in eccesso di 140 m/s (313 mph), una condizione quindi proibitiva.
La soluzione per il dilemma di chi pesca con la mosca è quella di lanciare una lenza abbastanza massiccia a cui è attaccata la mosca e che consenta alla mosca di andare avanti per il giro. Come risultato di questa relazione simbolica tra la lenza e la mosca, la mosca (come l'oggetto lanciato) dimostra un comportamento durante il volo che è unico rispetto agli altri: accelera in orizzontale. Mentre questo effetto può essere intuitivamente sconcertante, i fisici che prevedono l'effetto sono abbastanza ottimisti.
Posizioni, percorsi e indicazioni